Gli acquisti degli italiani con la crisi sono andati incontro a un cambiamento molto significativo: basti pensare che, secondo il Rapporto Coop sui consumi, sette italiani su dieci non si reputano soddisfatti della propria situazione economica, e addirittura nel Mezzogiorno un quarto degli abitanti non ha le possibilità finanziarie per acquistare almeno una volta ogni due giorni la carne. Ancora, più del 40% delle famiglie non è in grado di far fronte a spese impreviste uguali o superiori agli 800 euro. Il risultato è che dal 2000 ad oggi i consumi sono diminuiti di qualcosa come cento miliardi di euro.
La crisi, poi, ha portato gli italiani a preferire, negli acquisti di prodotti alimentari, il km zero, o comunque le primizie provenienti dal nostro Paese. All’insegna del less is more, cioè il meno è più, gli utenti cercano sempre di più cibi che non devono fare lunghi viaggi per arrivare sulle nostre tavole e che, di conseguenza, costano meno. Tra il 2007 e il 2013 c’è stata una diminuzione del reddito disponibile pari all’11%: rispetto a nove anni fa, i consumi per i trasporti sono crollati quasi del 25%, ma una riduzione molto significativa si è registrata anche per le calzature e i capi di abbigliamento, con una percentuale superiore al 18%.
I consumi di tabacco e alcol sono diminuiti del 15%, e più o meno la stessa percentuale riguarda anche il calo delle spese per la manutenzione della casa e per l’acquisto degli elettrodomestici e dei mobili. Per le bevande non alcoliche e per i prodotti alimentari oggi si spende quasi il 13% in meno rispetto a quel che si spendeva nel 2007, e anche per l’istruzione le cose non vanno meglio, con una riduzione dei consumi di quasi il 7%. Per paradosso, la crisi non ha portato cali per i ristoranti e gli alberghi: a dimostrazione che la fascia di popolazione più benestante, che può permettersi di andare a cena fuori e di trascorrere le vacanze in hotel, non ha subìto le conseguenze economiche della recessione.
Per contro, hanno mostrato una crescita evidente le spese obbligate, come quelle per la sanità, con un aumento di oltre il 10%, e quelle per la casa, con un aumento di più del 4%. Le spese per la cultura e per la ricreazione – per esempio, i biglietti per il teatro, per i concerti e per il cinema – sono salite del 5%, anche se, come prevedibile, il trend più importante chiama in causa gli importi spesi per gli smartphone e per Internet, saliti di quasi il 20%.
La crisi ha cambiato i consumi e gli acquisti di una buona parte degli italiani, i quali negli ultimi tre lustri hanno visto calare, in media, di quasi 3mila euro all’anno il proprio reddito disponibile: in altri termini, anno dopo anno il potere di acquisto è calato di quasi il 10%, con il settore pubblico messo meglio, dal punto di vista dei salari, rispetto al privato.