Kaosmagazine 15 Marzo 2016

Per diventare un traduttore professionale è essenziale, prima di tutto, seguire un percorso scolastico in linea con questo obiettivo. Fermo restando che sarebbe meglio frequentare un liceo linguistico, anche chi ha optato per un’altra strada alle superiori può, comunque, iscriversi a un corso universitario dedicato all’apprendimento delle lingue straniere. In giro per l’Italia, sono molteplici le opzioni: a Milano, per esempio, c’è la facoltà di interpretariato e lingue, che propone un corso di laurea magistrale in traduzione specialistica e interpretariato, ma si può fare riferimento anche alla scuola superiore per mediatori linguistici o a qualsiasi corso di mediazione linguistica (sempre a Milano c’è quello della Statale).

Si può scegliere, in linea di massima, tra i corsi universitari in traduzione e interpretazione, che garantiscono una preparazione professionale e una formazione culturale specializzate che, tuttavia, hanno bisogno di essere ulteriormente sviluppate, della durata di tre anni, o i corsi di laurea specialistica in interpretazione e conferenza, della durata di quattro anni. In questo secondo caso, però, è già necessaria, oltre alla padronanza della lingua italiana, una competenza linguistica avanzata, sia per lo scritto che per l’orale, per una lingua straniera.

Una volta completato il corso di studi, per diventare un traduttore professionale c’è bisogno di esperienza: insomma, la laurea in lingue, in mediazione linguistica o in letteratura straniera è senza dubbio utile, soprattutto se è accompagnata da unmaster, ma potrebbe non essere sufficiente. Ci sono competenze che possono essere acquisite solo sul campo. Come iniziare a buttarsi nel mondo del lavoro? Semplicemente rivolgendosi a chiunque: spedendo il proprio curriculum a riviste e case editrici, non solo italiane ma anche straniere. Nell’attesa, si può pensare anche a un corso di formazione per traduttori.

Questi corsi, come quelli messi a disposizione dalla ABC Agency, hanno l’obiettivo di formare dei professionisti in grado di diventare mediatori o operatori linguistici e, più in generale, di affrontare il mondo del lavoro a 360 gradi, dall’organizzazione di eventi alla traduzione vera e propria di testi, dall’assistenza alle aziende per i contratti internazionali al back office. Un corso di alta formazione per adattatori di opere cinematografiche è, invece, evidentemente adatto a chi vuole lavorare in questo mondo, soprattutto con riferimento al sottotitolaggio e al doppiaggio. Da non sottovalutare, inoltre, i corsi per gli interpreti di conferenza.

Per farsi conoscere, sono tante le frecce al proprio arco da scoccare: non bisogna disdegnare l’opportunità di diventare liberi professionisti, il che vuol dire lavorare su progetti singoli e per datori di lavoro differenti. Nei primi tempi le richieste economiche devono essere contenute: poi, col crescere della reputazione si può anche contrattare al rialzo. Insomma, all’inizio non bisogna avere paura di guadagnare poco, perché quello del traduttore professionale è un lavoro in cui l’esperienza paga e fa la differenza. Non bisogna dimenticare, tuttavia, l’importanza dell’aggiornamento: la competenza linguistica, infatti, ha bisogno di essere sostenuta e allevata, partendo dal presupposto che non si tratta solo di conoscere vocaboli e modi di dire, ma di entrare con la mente e con lo spirito in una cultura diversa.